"La cooperazione nel 2009 ha saputo reagire alla crisi - afferma il presidente di Confcooperative Piemonte Giovenale Gerbaudo, 1.100 cooperative aderenti nella regione di cui 360 cooperative sociali – ha infatti ottimizzato i fattori interni, continuando a garantire servizi e occupazione, ma alcuni elementi esterni, quali i ritardi nei pagamenti e i mancati adeguamenti tariffari, possono determinare per le cooperative sociali il rischio che si entri in una fase di crisi strutturale".
"L’allarme lanciato in questi ultimi due anni dalla nostra cooperazione sociale piemontese sulle difficoltà della crisi sta emergendo con chiarezza anche dai dati di bilancio". Con preoccupazione, Elide Tisi, presidente di Federsolidarietà Piemonte, la federazione a cui aderiscono le cooperative sociali di Confcooperative, commenta l’analisi realizzata dal Centro Studi regionale di Confcooperative sui bilanci 2009. E’ stato analizzato un campione pari al 30% delle 360 cooperative ad oggi aderenti, di cui il 60% sono di tipo A, erogano cioè servizi alla persona (infanzia, famiglie, minori, anziani, disabili, psichiatrici, tossicodipendenti) e il 40% di tipo B, la cui mission è l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate.
Continua il trend negativo del 2008 sul risultato della gestione caratteristica: nel 2009 il 23% delle cooperative ha un performance negativa, contro il 19% del 2008 e il 12% del 2007. Viene confermata la proiezione di Federsolidarietà Piemonte, illustrata a maggio 2010, relativamente all’aumento dell’incidenza del costo del lavoro sul fatturato (64,2% nel 2009, 60,4% nel 2008, 59.7% nel 2007), quale conseguenza dell’aumento del costo del lavoro non compensato da adeguati aumenti tariffari.
Per le cooperative sono inaccettabili i forti ritardi dei pagamenti da parte della P.A. che, anno dopo anno, continuano a crescere; nel 2009 sono arrivati ad una media di 153 giorni data fattura, con punte fino a 365, contro i 110 del 2008 e che hanno portato con sé un aumento dell’indebitamento a breve che ha raggiunto un + 280% rispetto all’anno precedente.
Non si può nascondere che questi dati siano fortemente sconfortanti – sottolinea Tisi – soprattutto in un momento nel quale la gestione dei servizi del sistema del welfare piemontese non può essere lasciata in balia di realtà che nulla hanno a che fare con la cooperazione vera, e che a loro volta, per sopravvivere, usano strumenti di dumping. Anche perché sopravvivere non può più essere l’unico obiettivo per le nostre associate. La nostra cooperazione ha infatti cercato di reagire, mettendo ancora una volta al centro i soci lavoratori e i cittadini che usufruiscono dei nostri servizi. Ha infatti utilizzato, là dove possibile, le proprie riserve o cercato strumenti finanziari, ricorrendo alle leggi regionali 23 del 2004 e 18 del 1994 per rafforzare il proprio capitale sociale (+4,56% nel 2009 rispetto al 2008) e per sviluppare percorsi virtuosi di innovazione e di riorganizzazione interna, usando anche elementi della normativa contrattuale e societaria, in grado di evitare ricadute occupazionali (il dato occupazionale è rimasto pressoché costante: circa 17 mila sono gli addetti tra soci e dipendenti, di cui oltre 1200 appartenenti alle fasce deboli, dichiarati in base alla legge 381/91, con una presenza femminile che supera il 70%). Ha anche potenziato l’azione di found raising più che mai necessaria per rafforzare i servizi esistenti, non più sostenibili per l’inadeguatezza delle tariffe riconosciute dagli enti pubblici, mobilitando risorse private e mettendo in pratica i principi costituzionali della sussidiarietà.
In altre parole le nostre associate hanno, insieme alla nostra federazione, accettato la sfida della crisi, ma all’orizzonte la situazione complessiva di questo settore economico e sociale non è in miglioramento. Anche la Rilevazione congiunturale nazionale di Confcooperative relativa al previsionale del III quadrimestre 2010 evidenza le aspettative negative per i prossimi mesi sia con riferimento all’occupazione, sia con riferimento al fatturato. Dello stesso avviso è la nota congiunturale sulle cooperative in provincia di Torino (il 50% delle cooperative sociali aderenti a Federsolidarietà Piemonte sono torinesi) predisposta dalla Camera di commercio di Torino che evidenzia nel secondo trimestre 2010 il saldo tra dichiarazioni di aumento e diminuzioni del fatturato è di segno negativo per la cooperazione di tipo A, attestandosi al - 2,5% rispetto al primo trimestre 2010. Sempre la stessa nota mette in evidenza che, per quanto riguarda la cooperazione di tipo B, le previsioni di fatturato nel secondo semestre 2010, rispetto al primo, hanno un saldo negativo pari al -5,6%.
"I dati qui illustrati – conclude Tisi – non lasciano dubbi. Se da un lato siamo di fronte alla voglia delle nostre imprese di resistere alla crisi, dall’altra il contesto in cui si opera è ricco di elementi che limitano la tenuta e il rilancio. E’ quindi necessario che ognuno per la sua parte intervenga per evitare che questo settore si trovi da un giorno all’altro a dovere usare pesantemente la cassa integrazione, ancora fortemente contenuta: infatti ad oggi in Piemonte le nostre richieste hanno riguardato unicamente 25 posti di lavoro".
Occorre rafforzare tutti quegli strumenti già oggi presenti a livello regionale, quali le leggi 23/04 e la 18/94, che nel 2009 hanno permesso di affrontare situazioni specifiche. Occorre continuare a tutti i livelli, anche istituzionali, ad investire nel welfare. Questo è infatti un ambito che non solo garantisce servizi alla popolazione, ma può diventare uno straordinario settore di sviluppo e occupazione. Inoltre riteniamo indispensabile, proprio in questo momento di crisi, potenziare gli affidamenti degli enti pubblici alle cooperative di tipo B che inseriscono al lavoro persone svantaggiate, dando loro la dignità del lavoro, evitando l’aumento dei costi assistenziali ed armonizzando gli strumenti su tutta la regione.
E’ necessario infine proseguire nella strada della collaborazione e della costruzione di un welfare di comunità con le fondazioni private e bancarie, con le altre organizzazioni del terzo settore e del mondo sindacale.
fonte: www.piemonte.confcooperative.it
"L’allarme lanciato in questi ultimi due anni dalla nostra cooperazione sociale piemontese sulle difficoltà della crisi sta emergendo con chiarezza anche dai dati di bilancio". Con preoccupazione, Elide Tisi, presidente di Federsolidarietà Piemonte, la federazione a cui aderiscono le cooperative sociali di Confcooperative, commenta l’analisi realizzata dal Centro Studi regionale di Confcooperative sui bilanci 2009. E’ stato analizzato un campione pari al 30% delle 360 cooperative ad oggi aderenti, di cui il 60% sono di tipo A, erogano cioè servizi alla persona (infanzia, famiglie, minori, anziani, disabili, psichiatrici, tossicodipendenti) e il 40% di tipo B, la cui mission è l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate.
Continua il trend negativo del 2008 sul risultato della gestione caratteristica: nel 2009 il 23% delle cooperative ha un performance negativa, contro il 19% del 2008 e il 12% del 2007. Viene confermata la proiezione di Federsolidarietà Piemonte, illustrata a maggio 2010, relativamente all’aumento dell’incidenza del costo del lavoro sul fatturato (64,2% nel 2009, 60,4% nel 2008, 59.7% nel 2007), quale conseguenza dell’aumento del costo del lavoro non compensato da adeguati aumenti tariffari.
Per le cooperative sono inaccettabili i forti ritardi dei pagamenti da parte della P.A. che, anno dopo anno, continuano a crescere; nel 2009 sono arrivati ad una media di 153 giorni data fattura, con punte fino a 365, contro i 110 del 2008 e che hanno portato con sé un aumento dell’indebitamento a breve che ha raggiunto un + 280% rispetto all’anno precedente.
Non si può nascondere che questi dati siano fortemente sconfortanti – sottolinea Tisi – soprattutto in un momento nel quale la gestione dei servizi del sistema del welfare piemontese non può essere lasciata in balia di realtà che nulla hanno a che fare con la cooperazione vera, e che a loro volta, per sopravvivere, usano strumenti di dumping. Anche perché sopravvivere non può più essere l’unico obiettivo per le nostre associate. La nostra cooperazione ha infatti cercato di reagire, mettendo ancora una volta al centro i soci lavoratori e i cittadini che usufruiscono dei nostri servizi. Ha infatti utilizzato, là dove possibile, le proprie riserve o cercato strumenti finanziari, ricorrendo alle leggi regionali 23 del 2004 e 18 del 1994 per rafforzare il proprio capitale sociale (+4,56% nel 2009 rispetto al 2008) e per sviluppare percorsi virtuosi di innovazione e di riorganizzazione interna, usando anche elementi della normativa contrattuale e societaria, in grado di evitare ricadute occupazionali (il dato occupazionale è rimasto pressoché costante: circa 17 mila sono gli addetti tra soci e dipendenti, di cui oltre 1200 appartenenti alle fasce deboli, dichiarati in base alla legge 381/91, con una presenza femminile che supera il 70%). Ha anche potenziato l’azione di found raising più che mai necessaria per rafforzare i servizi esistenti, non più sostenibili per l’inadeguatezza delle tariffe riconosciute dagli enti pubblici, mobilitando risorse private e mettendo in pratica i principi costituzionali della sussidiarietà.
In altre parole le nostre associate hanno, insieme alla nostra federazione, accettato la sfida della crisi, ma all’orizzonte la situazione complessiva di questo settore economico e sociale non è in miglioramento. Anche la Rilevazione congiunturale nazionale di Confcooperative relativa al previsionale del III quadrimestre 2010 evidenza le aspettative negative per i prossimi mesi sia con riferimento all’occupazione, sia con riferimento al fatturato. Dello stesso avviso è la nota congiunturale sulle cooperative in provincia di Torino (il 50% delle cooperative sociali aderenti a Federsolidarietà Piemonte sono torinesi) predisposta dalla Camera di commercio di Torino che evidenzia nel secondo trimestre 2010 il saldo tra dichiarazioni di aumento e diminuzioni del fatturato è di segno negativo per la cooperazione di tipo A, attestandosi al - 2,5% rispetto al primo trimestre 2010. Sempre la stessa nota mette in evidenza che, per quanto riguarda la cooperazione di tipo B, le previsioni di fatturato nel secondo semestre 2010, rispetto al primo, hanno un saldo negativo pari al -5,6%.
"I dati qui illustrati – conclude Tisi – non lasciano dubbi. Se da un lato siamo di fronte alla voglia delle nostre imprese di resistere alla crisi, dall’altra il contesto in cui si opera è ricco di elementi che limitano la tenuta e il rilancio. E’ quindi necessario che ognuno per la sua parte intervenga per evitare che questo settore si trovi da un giorno all’altro a dovere usare pesantemente la cassa integrazione, ancora fortemente contenuta: infatti ad oggi in Piemonte le nostre richieste hanno riguardato unicamente 25 posti di lavoro".
Occorre rafforzare tutti quegli strumenti già oggi presenti a livello regionale, quali le leggi 23/04 e la 18/94, che nel 2009 hanno permesso di affrontare situazioni specifiche. Occorre continuare a tutti i livelli, anche istituzionali, ad investire nel welfare. Questo è infatti un ambito che non solo garantisce servizi alla popolazione, ma può diventare uno straordinario settore di sviluppo e occupazione. Inoltre riteniamo indispensabile, proprio in questo momento di crisi, potenziare gli affidamenti degli enti pubblici alle cooperative di tipo B che inseriscono al lavoro persone svantaggiate, dando loro la dignità del lavoro, evitando l’aumento dei costi assistenziali ed armonizzando gli strumenti su tutta la regione.
E’ necessario infine proseguire nella strada della collaborazione e della costruzione di un welfare di comunità con le fondazioni private e bancarie, con le altre organizzazioni del terzo settore e del mondo sindacale.
fonte: www.piemonte.confcooperative.it